I don't care if Monday's blue
Tuesday's grey and Wednesday too Thursday I don't care about you
It's Friday I'm in love...
Così cantavano i Cure nel lontano 1992, con la bellissima Friday I'm in love. Ispirandomi
a quella meravigliosa canzone, ormai quasi 6 anni fa, pensai di creare una nuova rubrica a cadenza settimanale (su Bookshelf ovviamente) chiamata appunto Friday I'm in l❤ve. Poi vabbè, le cose sono andate come sono andate e il vecchio blog è solo un lontano ricordo, ma ho pensato di riproporre questa rubrica anche qui.
Come funziona? Ogni settimana sceglierò un libro che
mi ha particolarmente colpito e ne pubblicherò un piccolo estratto, ma
non un brano qualsiasi, bensì un brano d'Amore, di quello con la A
maiuscola, travolgente, coinvolgente. Un amore da togliere il fiato.
Come mi sia venuta in mente una rubrica del genere, a me che sono la regina delle zitelle ciniche, francamente ancora a volte faccio fatica a spiegarmelo...
Il tutto, molto banalmente, è partito dal pezzo dei Cure (la musica, alla fine, c'entra sempre), che adoro, e anche dal pensiero, ormai fisso, che a questo mondo abbiamo sempre più bisogno di sentimento, di amore vero. Che qui ogni giorno è una catastrofe continua e un po' di bellezza e purezza serve. Tanto.
Per iniziare ho pensato a "Il maestro e Margherita" e a questo passaggio che mi fece battere forte il cuore.
Il maestro racconta il suo primo incontro con Margherita, racconta di come fu amore a prima vista:
Il maestro racconta il suo primo incontro con Margherita, racconta di come fu amore a prima vista:
"Lei
aveva in mano un mazzo di disgustosi, inquietanti fiori gialli. Sa il
diavolo come si chiamano ma sono i primi a comparire a Mosca. E i fiori
spiccavano violentemente sul suo soprabito nero. Aveva dei fiori gialli!
Brutto colore. Sbucò da via Tverskaja in un vicolo e qui si voltò. Lei
conosce via Tverskaja? Ci passano migliaia di persone, ma io le assicuro
che lei vide me solo e mi guardava non si può dire inquieta ma
addirittura in modo morboso. E lei mi colpì non tanto per la sua
bellezza, quanto per il senso di solitudine insolito, mai visto, che
c'era nei suoi occhi. Obbedendo a quel segnale giallo, svoltai anch'io
nel vicolo e la seguii. Camminavamo per la viuzza monotona, tutta curve,
l'una da una parte, l'altro dall'altra, in silenzio. Non c'era anima
viva. Io soffrivo perché mi pareva che fosse indispensabile parlare e
stavo in pena perché se non dicevo niente, lei se ne sarebbe andata e io
non l'avrei più rivista. E, si figuri, fu lei che cominciò d'un tratto a
parlare.
-Le piacciono i fiori? -
Ricordo
chiaramente il tono della sua voce, abbastanza profonda ma a scatti e,
per quanto sia stupido, mi sembrava che l'eco urtasse nella viuzza e
riecheggiasse dalla sporca parete ingiallita. Passai rapidamente dalla
sua parte e avvicinandomi a le risposi: - No -
Mi guardò stupita, e d'un tratto compresi, e fu una cosa del tutto inaspettata, che per tutta la vita avevo amato proprio lei."
(Da "Il maestro e Margherita" di Michail Bulgakov)
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